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giovedì 29 novembre 2012

no al rigassificatore da bora.la


Rigassificatore, la protesta è appena cominciata

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Piazza Unità non è gremita come nell’autunno 1954. Ma la fungaia di ombrelli sotto Palazzo Cheba non sfigura. Completamente diverso, invece, il clima umano: delusione, amarezza, rabbia contro l’ennesimo schiaffo inferto alla “caralcuore”, quello del terminal di rigassificazione.
Grida contro Roma, la folla, ma ancora di più contro una Regione che ha scelto di trasformare d’amblé in favorevoli i pareri contrari di Comune e Provincia.
La manifestazione spontanea lanciata dal Comitato per la salvaguardia del golfo e dal neonato “Trieste Gasata” – con la pronta adesione di molte associazioni ambientaliste e non – sfida la pioggia battente e si sfoga contro il governatore Renzo Tondo (che si infila alla chetichella nel municipio, per partecipare ad un incontro sull’occupazione nell’area giuliana). A ingiuriarlo ci sono anche parecchi elettori pentiti, addirittura qualche ex fedelissimo che l’aveva assistito, qui, nella scorsa campagna elettorale.
Nel 2007 l’albergatore venuto da Tolmezzo aveva infatti sfidato Riccardo Illy giocando le sue carte, in città, proprio sul rigassificatore. Proclamatosi garante dei triestini, una volta diventato presidente, ha cambiato del tutto il suo atteggiamento. Pressing sul ministro Passera per confermare la volontà di una realizzazione il più possibile veloce dell’impianto, e promesse sperticate agli industriali del Friuli: il rigassificatore si farà, anche se questo dovesse costare qualcosa in termini di consenso.
L’ultimo atto, l’unanimità tecnica di Regione, Comune e Provincia inventata di sana pianta, una violenza a Trieste consumata con la giustificazione del “lei ci stava”, fa schiumare la piazza.
E la dichiarazione di fronte ai microfoni Rai (che arriva riferita), non migliora le cose: «La Regione non ha adottato alcun atto formale. La protesta è prematura».
«Pilato non avrebbe saputo fare meglio», si commenta sotto gli scrosci. «Certo, meglio aspettare che arrivi la prima gasiera».
La platea risulta variegatissima per età, estrazione ed atteggiamento. Si parte dagli ultrà che scandiscono  invettive feroci e irripetibili, fino ai padri e alle madri di famiglia venuti a testimoniare in silenzio. Non sono proprio in grado di associarsi ma, vista la gravità del momento, sembrano tollerare di buon grado il deragliamento dalle norme del bon ton.
Una personale ricognizione permette di scoprire presenze impensate, segno che qualcosa sta covando, sotto la cenere di Trieste.
Si fa avanti un drappello agguerrito, e nell’acquivento sventola un vessillo inatteso: aquila dorata in campo azzurro vivo. E’ il bandierone dei “forconi” che lottano per difendere il Friuli rurale dagli scempi urbanistici progettati dalla giunta regionale, tempestivi nell’associarsi alla protesta giuliana. «Tondo non è degno di dirsi friulano e di rappresentare la Piccola Patria», proclamano, applauditissimi da tutti.
Rullano i tamburi, trillano i fischietti, crepitano le raganelle, risuonano le casseruole percosse con i mestoli, echeggiano persino i megafoni da stadio. I fumogeni rossi accesi da quelli di “Trieste libera”, che rivogliono il TLT, mandano il loro riverbero sino nell’aula consiliare. Politici in giro, molto pochi, solo gli affidabilissimi (non apriamo una parentesi qui su chi siano, ma ritorneremo a breve sul tema). Malgrado il partito si sia associato in extremis alla manifestazione, la comparsa del segretario provinciale Pd Francesco Russo dura pochissimo: pochi giorni fa avrebbe detto che il rigassificatore, in fondo, non è mica la fine del mondo. Lo racconta un sedicente testimone, disposto a procurare conferme.
Si continua con le recriminazioni, le chiacchiere, qualche coro di dileggio. Circolano voci incontrollate e forse incontrollabili (però ci si potrebbe provare, a verificarle): Roma preme su Lubiana per uno scambio alla pari: lasciateci in pace sul rigassificatore di Zaule e noi vi diamo luce verde sulla tratta Capodistria-Divaccia. Tanto come scalo Trieste all’Italia non serve, meglio farne un luogo di stoccaggio per prodotti chimici, idrocarburi, gas et similia. Il porto, già, il porto, butta là un esperto di brokeraggi, avete idea dei rincari nei premi assicurativi delle navi, se arriva il terminal?
C’è abbastanza carne da far sfrigolare sulla fiamma della contestazione, e per nutrire altra gente, domani. Roba da sottoporre all’attenzione dei politici, quando verranno a chiederci il voto per gli scranni regionali o romani.
Lentamente l’assembramento si diluisce, gli ultimi irriducibili arrotolano striscioni e bandiere, lanciano un estremo sguardo in tralice ai finestroni del Municipio. 
Tondo è ancora lassù, forse. O magari ha trovato una via d’uscita nascosta, con la complicità degli amministratori.
La protesta è finita.
No, no davvero. La protesta è appena cominciata.

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